Ristopiù Lombardia in collaborazione con l’accademia procaffè
Mercoledì 27 Luglio dalle ore 09.15 alle 15.00
corso tenuto da Antonio Balsamo
Vieni all’Academy Ristopiù via Monte Tre Croci Varedo sede Ristopiù Lombardia
Ristopiù Lombardia in collaborazione con l’accademia procaffè
Mercoledì 27 Luglio dalle ore 09.15 alle 15.00
corso tenuto da Antonio Balsamo
Vieni all’Academy Ristopiù via Monte Tre Croci Varedo sede Ristopiù Lombardia
Saper gestire i clienti del proprio bar non è sempre semplice, perché ne esistono di davvero complicati soprattutto se si pensa a quelli che entrano nel locale di primo mattino.
Per conquistare un cliente mattiniero è importante presentargli prodotti con nomi corti e chiari di modo che le ordinazioni avvengano rapidamente. Quasi sicuramente avrete di fronte qualcuno che chiede un caffè e una brioche al volo per poter correre al lavoro, quindi lasciate da parte caffè complicati (a meno che non vi vengano chiesti esplicitamente) e andate sul classico con espresso, corto, lungo, doppio, macchiato e cappuccino.
Lasciate da parte anche la Latte Art perché richiederebbe troppo tempo e come abbiamo detto il nostro cliente mattiniero è di fretta!
Può il caffè diventare un’esperienza sensoriale? La risposta è si, grazie alla sempre maggiore attenzione che esperti del settore e non, mettono sulla preparazione di questa straordinaria bevanda.
La tendenza oggigiorno è quella di studiare con attenzione il chicco di caffè, dalla nascita fino all’estrazione e oltre. le nuove generazioni sono ben posizionate e alla ricerca di una sempre maggiore qualità.
Gli imprenditori baristi che si affacciano al mondo del caffè scelgono in prima persona la materia prima e si adoperano per la tostatura al fine di avere una clientela ristretta ma ben fidelizzata che apprezza sopra ad ogni cosa quella qualità di miscela.
La tendenza della ricerca della qualità all’origine si sta ben radicando nei Paesi del Nord Europa, dell’Europa dell’Est, del Sud Est e di tutta l’Asia.
Lo sapevate che il caffè può essere estratto in due modi differenti: per percolazione (con la pressione dell’acqua) come l’espresso oppure con l’infusione (lasciandolo a mollo nell’acqua) come il caffè Turco.
Oggi ricorre la data della nascita di Alda Merini, indimenticabile scrittrice, poetessa e maestra di vita. A lei dedichiamo questo suo ricordo:
“C’è un caffè, giù sulla Ripa, gestito da due sorelle dove io mi ritrovo tutti i giorni insieme ad altre compagne di sventura. Sì, perché la vita è una enorme assurda sventura. I nostri discorsi li conosciamo a memoria come conosciamo a memoria la vita l’una dell’altra. Abbiamo tutte un punto debole, un punto doloroso di cui parliamo sempre e questo caffè somiglia o un confessionale o a un luogo di psicoterapia piuttosto che a una birreria.
Una volta un tizio mi disse che non davo buono spettacolo facendomi vedere lì dentro mentre le altre massaie rassettavano la casa, ma io mi ero messa a ridere; e dove la trovavo io la forza di andare avanti, se nessuno mi parlava mai? Sì, d’accordo, erano discorsi scuciti di gente molto vicina all’arteriosclerosi, ma in fondo erano discorsi umani accorti, anzi con un certo piglio signorile perché le persone che frequentavano questo bar avevano tutte licenza di credere che sarebbero state persone altolocate se il caso fosse stato benigno.
Beh, ecco, il baretto consta di un largo pancone e poche sedie per le persone più anziane, ma ci si trova bene e si addice meravigliosamente al Naviglio che sta di fronte. Fuori la scritta “La Madonina” precisa che ci troviamo proprio a Milano, nel cuore della vecchia città, che non ci possiamo sbagliare e che lì dentro è tutto milanese; le sorelle poi che gestiscono il locale – il quale non ha subito modifiche da oltre un centinaio di anni – sono abilissime e curiose, quel tanto di curiosità che basta a farti dire con piacere le tue cose private come se ti scaricassi di un lungo inveterato peso.
“La Madonina”: ecco il mio punto fermo nella vita e alle volte vorrei scrollarmelo di dosso come un piacere che non merito, a volte mi dico che ho cose più urgenti da fare, che non è giusto che una madre di famiglia si sieda a prendere un buon caffè; ma poi mi consolo pensando che sì, in fondo, non vado mai dal parrucchiere, che non ho altri sfoghi e così mi adagio serenamente nella poltrona del piccolo caffè e lì comincio a dipanare ricordi senza fine e senza nome sulla scie dei discorsi degli altri, fumandomi qualche sigaretta, regalata anche quella dall’alice che è la più giovane delle sorelle.
Così, ecco un punto fermo. Credo che tutti nella vita ne abbiano bisogno uno; chi se lo fa al bar, chi in altri posti, chi persino in chiesa. E poi – lo crederesti, lettore? – in questo bar qualche volta si prega: sì, perché, vedete, siamo tutte persone spaurite che andiamo a rifugiarci lì dentro a chiedere una grazia – solo che questa grazia invece di chiederla a Dio la chiediamo a una buona tazza di caffè.”
(tratto da Alda Merini, Il ladro Giuseppe, Milano, Scheiwiller, 1999)
Comunemente siamo abituati a pensare che il caffè arrivi solo dal Sud America, in realtà esistono molte rigogliose piantagioni anche in Africa.
È il caso dello stato del Kenya, che tra savana e foresta, tra monti e altopiani, custodisce un patrimonio inestimabile. In particolare a nord si trova uno dei rarissimi luoghi dove cresce in maniera spontanea il prezioso chicco nero, qualità arabica: il monte Marsabit, un vulcano sulle cui pendici di basalto si estendo le piantagioni di caffè.
L’importante patrimonio, fonte di sostentamento per la popolazione, rischia di essere messo a repentaglio a causa di raccolte non sostenibili e dagli sconfinamenti illegali.